Berlusconi "ha la forza della verità". Travolta da adorazione militante, il sottosegretario Daniela Garnero, meglio nota come Santanché, ha salutato con queste parole l'apparizione del presidente del Consiglio al Tribunale di Milano, e anzi ha tratto la sua granitica convinzione proprio da quella presenza messianica.
Dopo aver degradato i figuranti pidiellini convenuti a palazzo da manifestanti a testimonianti - a quanto pare non erano in numero sufficiente per dar vita a una manifestazione - la signora sottosegretario ha bollato il procedimento giudiziario in corso con il marchio evidente dell'infamia più nera: "processo mediatico".
Espressione che evoca congiure e fumus persecutionis, sbatti il mostro in prima pagina e accuse montate ad arte. Refrain per molti presunti perseguitati, come tutti i luoghi comuni perde significato e mantiene solo la sua carica negativa. Presumo che la signora Santanché non sia toccata dal fatto che qui non siamo in una fase iniziale di indagine, e quindi un paio di giudici - non pm, giudici - avrà trovato qualche motivo sufficiente per andare a dibattimento.
Cosa abbiamo, allora? Un processo, con qualche appiglio, diciamo così, e l'interesse dei mezzi di informazione, visto che uno degli imputati è anche presidente del Consiglio. Un processo mediatico, senza sfumature di significato. Con buona pace della Santanché.
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